CONVEGNO: “Il ’68 tra storia e memoria” – Palermo, 26 settembre 2018

Un Convegno sul ’68. Solo una ricorrenza?

Una riflessione sul convegno di Palermo “Il Sessantotto tra storia e memoria. Per una didattica del Novecento”

Com’è stato possibile che ai più remoti angoli del globo gli stessi soggetti sociali – studenti delle medie superiori e delle università appartenenti a famiglie di ceto medio alto della borghesia urbana – si mettessero in movimento nelle stesse settimane utilizzando gli stessi metodi di lotta (assemblee, sit-in, cortei)?”  (da “1968. E niente fu come prima” supplemento al Convegno]

locandina convegno

A cinquanta anni di distanza, interrogarsi sul valore e sul significato del ’68 può apparire oggi, in un contesto sociale totalmente diverso e molto più indifferente, forse solo una nostalgica riflessione su quella che è stata a più riprese definita “un’occasione mancata”. Ma è stato davvero così? Quell’anno, quel periodo, hanno rappresentato solamente una parentesi di speranze, voglia di cambiamento, di rottura con sistemi e contesti politici ed economici che non hanno avuto risposta? E poi: nel contesto di una didattica del Novecento, che non ha mai sufficientemente spazio nei nostri programmi, quale chiave di lettura offrire di questo periodo agli alunni, i quali dovrebbero essere e rappresentare l’attuale forza di rinnovamento verso il domani? Molti degli interventi degli studenti presenti erano infatti sistematicamente orientati a chiedere le ragioni di una (ipotetica, ma comunque sentita) profonda differenza di aspettative e voglia di partecipazione tra i giovani di allora e quelli di oggi. In fondo il ’68, per quanto privo di adeguati mezzi di comunicazione e diffusione (il ciclostile: ve lo ricordate?) ha rappresentato il primo evento di globalizzazione della nostra storia, avendo avuto propaggini in tutto il mondo, investendo soprattutto il mondo giovanile. Un mondo giovanile che oggi ha a sua disposizione ben altri strumenti di condivisione, ma in genere per utilizzi molto più ordinari e banali. Quale dunque l’eredità del ’68? Quanto ha lasciato? A livello di idee, di circolazione di idee, di inseminazione per gli anni successivi, molto. Come obiettivi raggiunti nell’immediato, certo molto meno. Quell’anno e quel periodo hanno rappresentato per il mondo una indubbia svolta. Senza il ’68 non vi sarebbero stati ad esempio in Italia una successiva riforma dell’università, lo statuto dei lavoratori, gli organi collegiali, la lotta per l’emancipazione delle donne; per fermarci solo alle realtà che furono anima del movimento. Grande assente, allora come oggi, la politica e le istituzioni, che non seppero e non vollero capire la portata di quelle istanze, allontanate e represse dove con la forza (la Primavera di Praga, le stragi di Città del Messico; e sullo sfondo sempre il conflitto del Vietnam), dove con l’indifferenza. Ma il rinnovamento seppe andare ben oltre. La Pop Art ne interpretò le istanze artistiche. Film come Il laureato, 2001. Odissea nello spazio e Easy reader , ne divennero il simbolo. In Italia le riviste di fumetti Linus, Colto Maltese, Kriminal e altre ancora segnarono la via di nuove forme di comunicazione. Ma soprattutto la musica fu la vera anima del ’68, in tutti i sensi la sua colonna sonora. Un elenco sarebbe davvero lungo. In tal senso gli stessi organizzatori del convegno (l’associazione Proteo Fare Sapere. Associazione professionale per la Formazione del Personale della Conoscenza) hanno ideato l’indovinatissima formula di un’alternanza tra interventi dei relatori ed esecuzione di brani musicali del periodo da parte di musicisti locali. John Lennon (Imagine, che abbiamo poi ritrovato anche nel successivo incontro Erasmus), Beatles, Fabrizio De André, Simon & Garfunkel, Rolling Stones hanno contribuito a riproporre, attraverso le voci degli ottimi esecutori, il clima di quel periodo, nelle parole e nelle speranze, e a far evocare da parte dei relatori nostalgiche emozioni, di sogni e di gioventù, legate a nomi quali Bob Dylan, Francesco Guccini, Pink Floyd, The Doors … Woodstock. Insomma: le basi di tutta la musica dei decenni successivi. Ma noi giovani di oggi, rispetto a quelli di allora e alle nostre potenzialità, siamo davvero così apatici e assuefatti? A più riprese gli studenti hanno riproposto questo quesito, formulato in modo diverso ma sempre nella stessa sostanza. Una vera risposta (parafrasando Bob Dylan) non c’è stata da parte dei relatori, in quali, in maniera altrettanto univoca hanno sostanzialmente sottolineato: non sta agli adulti dirlo, sta a voi giovani stabilirlo. Nei giovani si ripongono speranze e fiducia, e il mondo di oggi ha decisamente bisogno di una scossa che lo indirizzi verso percorsi meno egoistici e conflittuali. Questo anche il compito della scuola di oggi: forse unica o tra le poche voci ancora capaci di proporre valori (e speranze) che, con la fine dei partiti, dei movimenti, delle ideologie, delle tradizionali forme di aggregazione, sembrano spariti dal senso comune di condivisione. Parlare oggi del ’68 è anche questo.

Ma penso

Che questa mia generazione è preparata

A un mondo nuovo e a una speranza appena nata

Ad un futuro che ha già in mano

A una rivolta senza armi

Perché noi tutti ormai sappiamo

Che se dio muore è per tre giorni e poi risorge

In ciò che noi crediamo, Dio è risorto

In ciò che noi vogliamo, Dio è risorto

Nel mondo che faremo, Dio è risorto

[Francesco Guccini, Dio è morto]

 

Raffaella Simone, Simona De Stefano, Daniela Palma, Luciano Sangermano

 

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