Corso di formazione: Lingua e cultura dei Rom abruzzesi – REPORT 2

 

Incontro di martedì 6 aprile 2016 prof. Bruno Morelli, esperto in glottologia, libero docente, artista Rom.

La lingua romanì come status di appartenenza

  1. A-THINGA’NOI A-CIANGAM tribù dell’Anatolia da cui origina l’appellativo zingaro. Il termine è in uso nella Grecia medievale durante l’impero bizantino nell’VIII/IX secolo. La parola indicava una setta “eretica” che praticava magia, chiromanzia e riti pagani, era vicina per diversi aspetti a gruppi ebraici, tanto che rispettava lo Shabbat. Erano abili forgiatori di armi e orefici, ricercati e apprezzati dalle corti nobili già in quelle terre. Questi, erano considerati “intoccabili” in quanto “intoccati” rimasti puri perché contraevano matrimonio tra loro. Possedevano spesso dei lasciapassare a titolo gratuito per muoversi all’interno del territorio. La fonte storica è Teofane Continuatus, cronache del tempo che annotano la presenza degli athinganoi nelle regioni di Frigia e Licaonia. Tra il X° e XI° secolo non si hanno più loro notizie. Si dice che lo stesso Michele II d’Epiro (despota d’Epiro tra il 1230 e il 1271) fosse un athinganoi. È probabile che l’esodo  dalla Grecia bizantina sia in coincidenza con la loro diffusione nel Mediterraneo, in Italia attraverso la Sicilia (Trinacraia) del gruppo rom e dei sinti  attraverso i Balcani negli stati settentrionali germanici, francesi e dei Paesi Bassi.  Queste due direzioni prese da Sinti e Rom hanno determinato l’attuale situazione geopolitica del loro insediamento e diversità tradizionali:  Rom-artigiani e allevatori; Sinti-giostrai e circensi.
  2. Il termine, inizialmente positivo, subisce la degenerazione simbolica in ambito cristiano durante il medio evo. Infatti la loro abilità nella chiromanzia, la forgiatura che aveva a che fare col fuoco, la capacità curativa attraverso la conoscenza di erbe, nonché il loro voler restare al di fuori della società organizzata, li aveva resi oggetto molte volte di inquisizione, di condanna al rogo e dunque disprezzo “pubblico”. É fondato ipotizzare che le prime streghe arse al rogo fossero loro stesse zingare. Maledizione e dannazione accompagnarono i rom durante tutta la storia, tramandando leggende per  cui, grazie alla loro abilità di forgiatori, avessero ricevuto dai romani l’incarico di forgiare i chiodi con i quali crocifiggere Gesù.
  3. La lingua, ROMANI’ CIB e le sue origini sono da ricercare nell’India del nord, il Punjab. Nel paese di origine erano sacerdoti che praticavano la magia, la preveggenza e la medicina. La religione induista, basata sulle caste, si ritrova nell’identità del popolo rom sotto forma di chiusura nella propria “casta d’appartenenza” nella cristallizzazione della lingua e delle usanze. È per questo che nella lingua romanì ancora sono preservate parole dell’antica lingua indiana, il Sanscrito. Inoltre  è forte la tendenza all’endogamia (matrimoni interni).
  4. Il passaggio nelle diverse terre è documentato dai prestiti linguistici che ritroviamo nella lingua romanì, come una cartina geografica che traccia la loro migrazione nella: Persia, Turchia, Grecia, Italia, Spagna, Francia, Germania, etc…. È una lingua trans-nazionale.
  5. I ‘calos’ spagnoli subiscono una feroce persecuzione; i re cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, alla fine del ‘400 attuano una politica di assimilazione forzata proibendo di parlare l’idioma originario, pena il taglio della lingua in pubblico. I rom reagiscono creando il flamenco (xlang/mengr: la nostra lingua; teoria di Bruno Morelli), che è l’espressione della rabbia, della opposizione e della dignità del popolo contro la violenza del “regime cattolico”, nonché la riaffermazione dell’identità resistita nonostante il ‘taglio’ della lingua. Flamenco come il risorgere dell’anima rom.
  6. Il mondo dei Rom non ha documentazione chirografica, è dunque lacunosa di date e notizie; bisogna ricercare “documenti” alternativi, come traccia della loro presenza negli affreschi, nella musica, nelle poesie, nelle cronache del tempo, ma sono sempre pezzi sparsi e piccoli spunti per la difficile ricostruzione tout court della storia zingara.
  7. I conflitti culturali di oggi tra rom e sinti riflettono le divisioni partitiche dell’Italia, rispecchiano il clima culturale, civile e politico della nazione ospitante. La legge 482/1999 che tutela le minoranze storiche presenti in Italia (art. 12 della Costituzione), esclude quelle alloglotte come quella dei Rom e dei Sinti. Un altro criterio di esclusione è che sono considerate storicamente italiane le lingue di origine romanza, discendenti dal latino e ciò evidentemente è determinante, essendo la lingua dei rom e dei sinti di origine indiana. Negli anni sono state molte le proposte di legge per riconoscere la minoranza zingara ma sono rimasti solo tentativi. Da pochi mesi è stata presentata una proposta di legge per inserire la lingua romanì tra quelle di minoranza.
  8. La lingua è la fonte dello status di appartenenza, cuore della cultura rom che è di tradizione orale, insieme a storia e costumi, memoria dell’identità. Nel libro “Identità zingara” Morelli analizza vari termini antichi riscoprendone l’etimologia: dentro ogni parola si nasconde una piccola storia. Molte parole nel loro etimo svelano sul piano sociologico il rapporto rom – gagé. Altre volte è l’associazione tra parole che attraverso i contenuti raffigura determinati concetti o modi di soppesare rapporti, denotare valori ecc….. Una particolarità è costituita dall’antroponimia, cioè lo studio dei cognomi dei rom che derivano in molti casi dai nomi dei nobili che proteggevano le famiglie dei loro orafi o forgiatori o semplicemente artisti.
  9. A scuola la didattica o l’approccio all’alunno rom come individuo deve sempre mettere in chiaro la diversità, l’originalità dell’alunno, senza nascondere ma portando alla luce, dichiarando e valorizzando la cultura e la diversità anche solo linguistica: gli alunni rom imparano l’italiano come L2, perché la loro lingua madre è un’altra, quella che parlano in casa e che radica la persona in un contesto particolare e che ha riferimenti culturali e comportamentali differenti. Conoscere l’altro, la sua famiglia, i suoi usi è un’opportunità per impostare un intervento didattico che serve ad includere, valorizzare, arricchire. Si instaura un dinamismo di gruppo che supera le barriere e evita contrapposizioni tra coetanei, troppo spesso all’origine di fenomeni di bullismo o di scontri. Non mancano problemi: la spaccatura tra scuola e famiglia, perché il bambino vive a scuola un tipo di realtà con regole, lingua e relazioni che non ritrova a casa dove invece spesso i genitori non hanno in considerazione la scuola, la ritengono un obbligo e non uno strumento di crescita. L’orgoglio dell’appartenenza è sempre positivo per l’individuo e per chi lo circonda.
  10. “…Gli attivisti rom di Fondazione romanì Italia saranno più disponibili a collaborare con i Tribunali Italiani mediatori della lingua-cultura romanì se il Parlamento Italiano, nel rispetto dell’art. 6 della Costituzione Italiana, approvasse il disegno di legge 3162, (il testo è disponibile al seguente link:http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0034400.pdf e depositato alla Camera dei deputati nei mesi scorsi da 21 Parlamentari ed in cui si chiede con un articolato breve e semplice SOLO il riconoscimento della lingua-cultura romanì”…

Gabriella Di Cioccio

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